Caro Ambrosini, che differenza c’è tra un derby giocato con i gradi di capitano e un derby qualsiasi?
«È già capitato, purtroppo. Purtroppo perché il precedente fu quello perso 4 a 3: non c’era Paolo Maldini e io presi i suoi galloni. Non stavo neanche bene, e infatti uscii. Il prossimo sarà diverso».
Diverso come?
«Il calcio è fatto di periodi che insistono nello stesso campionato: alti e bassi, insomma per essere banali. Attualmente noi stiamo giocando un buon calcio rispetto all’inizio. Non fu così a fine agosto: l’Inter andava a 2mila all’ora e noi eravamo morti».
In verità è stato così anche negli ultimi anni seguiti al 2007 rossonero: Inter sempre davanti al Milan e con lo scudetto sul petto...
«Bisogna ammetterlo: con loro non c’è stata partita, i numeri parlano chiarissimo. Squadra superiore per mentalità e per continuità di rendimento, non solo. L’Inter è stata costruita in modo da risultare più completa rispetto a noi. Ha avuto un calciatore simbolo: Ibrahimovic. Gli altri avevano le caratteristiche giuste per esaltare il gruppo».
Risposta sincera: ma chi di voi era sicuro di uscire così in fretta dalle curve delle prime settimane?
«All’inizio, noi eravamo fiduciosi. Poi quando abbiamo scoperto che i problemi da risolvere erano diventati enormi, la fiducia è venuta meno. Ora lo confesso: un po’ siamo meravigliati anche noi ma siamo anche molto fieri di quel che abbiamo realizzato. Da una vita siamo abituati a gioire di risultati finali e non di quelli parziali: perciò se a fine maggio avremo ottenuto qualche successo, allora sarà il massimo. Non ora».
Solo Silvio Berlusconi aveva previsto tutto: è un mago?
«Prima vinciamo qualcosa, poi gli daremo del mago».
Come mai i tifosi sono rimasti tiepidi?
«Con noi, mai. Questo clima, del quale sento parlare, ha poco contagiato la squadra. Siamo gente esperta, l’effetto Kakà non poteva non esserci. Ma negli snodi della stagione, sono venuti allo stadio e lo hanno riempito: col Real Madrid, col Marsiglia, sarà così anche col Manchester United, in Champions».
Ronaldinho ieri e oggi: cos’è cambiato?
«Ieri ha giocato meno perché c’era Kakà e lui restava fuori. Quando c’era da scegliere, Kakà aveva la meglio. Ora gioca, si diverte, lo stato di forma è migliorato e i frutti sono sotto gli occhi di tutti».
A proposito di Kakà, le risulta che a Madrid stia masticando amaro?
«Non so se è felice, so invece che, passando subito da San Siro per giocare contro il Milan, ha superato il trauma del cambio che poteva inseguirlo per molti mesi. Credo che ora sia un capitolo chiuso».
Ambrosini è diventato il più contestato dai tifosi interisti: è un problema?
«Dovevo aspettarmelo, avevo fatto una boiata (esporre lo striscione sullo scudetto interista, ndr), non potevo sorprendermi dell’ostilità».
Lo rifarebbe?
«Se dico che è stata una boiata, la risposta è conseguente: no».
È cambiato anche il rendimento di Ambrosini: merito di chi o cosa?
«Non ho mai gradito le incursioni nella vita privata ma questo è un caso in cui bisogna ammetterlo: sul lavoro ha giovato la serenità guadagnata nel privato. Guardate Borriello, per avere una conferma».
Solo la Nazionale è una ferita aperta...
«Non ho parlato con Lippi durante la sua recente visita a Milanello, ma avrei voluto farlo. Ci siamo salutati e mi sarebbe piaciuto poter discutere con lui dell’argomento. Io so che il motivo del mio mancato inserimento non è tecnico ma anagrafico. E lo capisco. Specie se si pensa all’inizio di un ciclo biennale teso a costruire la qualificazione mondiale. È diversa invece l’ottica se bisogna preparare un torneo lungo 40 giorni che si apre e si chiude tra metà giugno e metà luglio. Io rispetto le scelte di Lippi perché ho rispetto per i miei amici del Milan e per quelli che hanno il posto in azzurro. Ma spero ancora che il Ct valuti alla fine l’utilizzo immediato e non per il futuro».
Lei, Ambrosini, ha amici nell’Inter?
«No, non è capitato».
Ma ha stima per qualcuno in particolare?
«Per il capitano Zanetti. L’ho ammirato e l’ho stimato nei giorni difficili vissuti dall’Inter di Moratti: mai ha tradito l’intenzione di abbandonare la nave».
Senza Nesta, Milan spacciato?
«Sarebbe importante recuperarlo, è diventato un leader. A vederlo in campo, domenica sera, saremmo tutti più tranquilli».
È vero che siete voi calciatori ad approvare il famoso modulo 4-2-fantasia?
«Non è detto che se ti copri di più, sei più tranquillo. Attaccare invece è un mezzo anche per difendersi meglio. E visto che l’abbiamo fatto al Bernabeu quando non eravamo reduci da una striscia positiva, non possiamo cambiare ora».
Ma almeno Leonardo è stato una sorpresa?
«Sì, io lo conoscevo ma non sul campo. E invece mi ha stupito: per la determinazione mostrata, il decisionismo applicato al suo lavoro, la volontà di cambiare dimostrata e la fede nel gruppo. Lui era ottimista anche quando noi facevamo un po’ schifo».