In piena bufera governava la barca (una scialuppa al confronto della corazzata di oggi) col sorriso sulle labbra. Aveva avuto un bel maestro, Carlo Ancelotti ha uno stile diverso, ma lo stesso disincanto. Però Carletto aveva altre esperienze alle spalle, Leonardo no.
Quando le acque si sono calmate, non ha fatto lo smargiasso, non è venuto in sala stampa a dire che «non ero un asino dopo Milan-Zurigo 0-1 e non sono un fenomeno dopo Real Madrid-Milan 2-3». Si sente più semplicemente in gioco. Non sopra, e nemmeno sotto, ma dentro al gioco come tutti quelli che non si credono speciali.
Il confronto milanese con lo stile di Mourinho è stridente. Leonardo non ha nemici, ma critici; Mourinho non ha critici, ma nemici. O almeno è così che vedono le cose i due allenatori. Leonardo perde la partita e sorride, spiega, commenta; Mourinho vince la partita e inizia con le rivincite «con te non parlo, tu sei amico di Mancini, tu credi che io sia scarso» e così via. Nel calcio, che alimenta tensioni continue, c’è bisogno di chi ha stile.
di Alberto Polverosi - Corriere dello sport