La grande novità instaurata da Leonardo è il dialogo costante con i giocatori: a Catania il modulo 4-2-4 finale è arrivato dopo una consultazione con la panchina. Un modo di fare gruppo che sembra destinato a far rientrare i mugugni
di ENRICO CURRÒ
MILANO - Un dirigente del Milan, indubbiamente colto, offre una definizione psicoanalitica della rivoluzione tattica - dal 4-3-1-2 di Ancelotti al 4-2-1-3 di Leonardo - in atto: "Ci stiamo liberando dei rituali anancastici". I riti in questione sono quei gesti ai quali ognuno di noi attribuisce particolare importanza, al punto da diventarne ossessionato e dipendente: ad esempio spegnere o accendere la luce un certo numero di volte, prima di uscire. Nello specifico, per i non iniziati, la citazione dotta ha un significato molto più prosaico: da anni il Milan era ancorato allo stesso sistema di gioco e allo stesso modello di gestione del gruppo. L'avvento di Leonardo lo ha di colpo staccato da questa duplice coperta di Linus.
LA DEMOCRAZIA DA SPOGLIATOIO - L'episodio che il Freud di via Turati evoca è quello, freschissimo, delle sostituzioni che domenica sera hanno cambiato il volto della partita col Catania, incanalata verso uno stanco e ineccepibile 0-0. Inzaghi e Huntelaar hanno dato la scossa alla squadra, ma è stata la squadra stessa a decidere di farli entrare in campo, interpellata dall'allenatore secondo un'inusuale democrazia da spogliatoio che Leonardo ha stesso ha poi raccontato compiaciuto. "Loro ci marcavano bene, anche a uomo, e ci chiudevano tutti gli spazi. In campo facevamo fatica. Così, a 25' dalla fine, ho deciso di cambiare e ne ho parlato anche con la panchina. Ho chiesto ai ragazzi se erano d'accordo e loro mi hanno risposto di sì: "Mister, se vogliamo vincere, lo dobbiamo fare". Per questo abbiamo giocato nel finale con quattro attaccanti più Seedorf. E' andata bene, ma non parlate di sostituzioni casuali".
MUGUGNI RIDOTTI AL MILAN - In verità anche Ancelotti amava coinvolgere i giocatori nelle discussioni tattiche, durante la settimana. Ma i cambi sul campo, poi, li decideva lui. E' quindi evidente come Leonardo abbia voluto rimarcare, dell'ulteriore svolta offensivistica del Milan, soprattutto tre cose. La prima è che la squadra è convinta del progetto tattico avviato al Bernabeu contro il Real Madrid e lo sostiene. La seconda è che non è vero che lui sia riluttante a usare gli uomini della panchina, come era sembrato dalle sostituzioni col contagocce in Champions: anzi, li coinvolge addirittura nelle scelte. La terza è che i mugugni - Gattuso, Inzaghi, Flamini, ieri Borriello - sono episodici e destinati a rientrare.
LA FAVOLA DI HUNTELAAR - La vittoria di Catania ha sicuramente aiutato Leonardo nel portare avanti queste tesi. Manca la controprova, ma è legittimo supporre che, senza la doppietta di Huntelaar nei minuti di recupero, i lamenti si sarebbero amplificati. La realtà di oggi è che l'olandese - e in parte Inzaghi, autore dell'assist per il primo gol - hanno permesso all'allenatore di dimostrare che nel suo Milan c'è posto per tutti. Quella del timido Huntelaar è la parabola del ragazzo che non si arrende e che sfrutta al massimo i dieci minuti dieci concessi dall'allenatore: ora può davvero raggiungere il Mondiale e l'ipotesi della sua richiesta di essere ceduto in prestito a gennaio è tramontata. "Voglio restare a Milanello: so di potere arrivare in Sudafrica attraverso i miei gol con la maglia del Milan". A lui e agli altri attaccanti olandesi in corsa per la convocazione - Babel, Van der Vaart, lo stesso Van Nistelrooy che si è ricandidato - il ct Van Marwijk ha dato due mesi di tempo. Giocando e segnando, dovranno convincerlo a portarli al Mondiale di giugno. E la democrazia milanista, varata a Catania, potrebbe spingere Huntelaar in Sudafrica.
30 novembre 2009 - La repubblica