Più documentata l'analisi di Rino Gattuso, uno che si è allenato 6 anni al fianco dell'ex Pallone d'oro e che ne ha perciò conosciuto tutti i segreti, ne ha memorizzato tutte le cadenze. «Mi pare che a Madrid Riccardo si alleni in modo meno intenso rispetto a Milanello» la diagnosi più convincente al momento. Dev'essere, probabilmente, un sospetto dello stesso Kakà confidato ai suoi ex sodali rossoneri in occasione delle due sfide di Champions league. Al Milan, Riccardino veniva trattato, e allenato, come un motore di formula uno, lanciato perciò al massimo dei giri sui prati verdi, per ottenere da lui, in partita, prestazioni di grande rilievo.
Silvio Berlusconi è passato alla storia della recente sessione di calcio-mercato come l'ispiratore dell'operazione oltre che il più convinto regista. Sul piano politico, la partenza di Kakà gli è costata in fatto di consensi raccolti alle elezioni europee: il 3% in meno nel totale dei tre fattori, l'affare Kakà, il dissidio interno al Pdl siciliano, l'effetto Veronica. In pubblico, il premier, proprio in quei giorni ha sempre provato a indorare la pillola. «Suvvia, voltiamo pagina, Kakà non ha inventato il calcio» fu l'espressione utilizzata per frenare l'onda emotiva registratasi nelle viscere del popolo rossonero. «Vedrete, il Milan troverà in Pato il suo erede e in Ronaldinho lo stesso fuoriclasse ammirato nel Barcellona» furono gli altri pronostici utilizzati nella speranza di mettere fine a quel clima da lutto stretto che aveva stretto tutto il mondo Milan, tifosi in fuga dallo stadio e Milanello soffocato dalla depressione. Persino il mite Leonardo si vide costretto a intervenire sull'argomento con una inattesa intemerata: «E basta con Kakà, è andato via ma il Milan non è finito» gridò prima di affrontare la Roma, vigilia di una svolta significativa nel cammino della squadra.
In privato, le parole di Silvio Berlusconi furono di altro segno e di altro tipo. Dietro la didascalica spiegazione economica («immorale chiedere agli azionisti in un'epoca di crisi mondiale di ripianare una perdita di 70 milioni»), affiorarono altre diverse chiavi di lettura. «Anche per la cessione di Shevchenko fui lapidato, salvo poi capire che era avvenuta al momento giusto» la prima. «Nei sei anni di Milan Kakà ha offerto un rendimento super, forse ha davanti un'altra stagione al top. Non penso di più» la seconda oggetto di rivelazioni fatte ad amici ed occasionali ospiti. La traiettoria milanista di Kakà ha raggiunto il suo vertice nel dicembre del 2007 con la cavalcata di Yokohama e la conquista del titolo mondiale per club. Dal gennaio del 2008 al giugno del 2009, il brasiliano e il Milan, insieme, hanno imboccato un evidente declino: zero titoli, 4° e 3° posto in campionato ma non solo. Il brasiliano è stato vittima di una serie di infortuni che l'hanno tenuto lontano dai campi di gioco per mesi: il più lungo, due mesi d'assenza contro la Reggina nel primo semestre 2008. Alla fine totalizzò la miseria di 7 gol in sei mesi: uno solo risultò decisivo, contro l'Inter nel derby di ritorno, stilettata del 2 a 1. Nell'ultima stagione, inaugurata con l'intervento chirurgico al ginocchio, ha avuto un rendimento più in linea col passato: 16 gol alla fine, zero presenze in Uefa, zero in coppa Italia. A modo suo Kakà ha patito il dualismo con Ronaldinho: Milan-Napoli l'episodio chiave, lui sbagliò il rigore, Ronaldinho inventò l'1 a 0 su punizione durante il recupero. Forse è presto per chiudere la contabilità dell'affare Kakà ma sono già in tanti a pensare che quella cessione, suggerita da Arcore, sia stata una mezza genialiata.
Franco Ordine per Il Giornale