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mercoledì 11 novembre 2009

Leonardo e i rischi del nuovo corso. Gattuso e la rivolta dei "vecchi"

C’è un Milan allegro e spensierato che cavalca soddisfatto l’onda brasiliana dopo aver acciuffato il terzo posto: è il Milan di Pato e Ronaldinho, finalmente genio compreso, re degli assist (sei fin qui) e dei rigori decisivi (contro Roma e Real), è il Milan di Leonardo che stupisce la sua stessa categoria con uno schieramento che definire avventato è un eufemismo. I puristi della ortodossia tattica, persino gli eretici alla Sacchi, fanno smorfie e rinviano giudizi definitivi sull’affidabilità di quel 4-2-4 ispirato a Tele Santana ct del Brasile targato 1982. «Vediamo quando troveranno una squadra tatticamente scafata» avverte Ancelotti che è un sincero estimatore del suo successore.

C’è un altro Milan che mastica amaro per l’esclusione. «Meglio avere problemi d’abbondanza» spiega Galliani. Il primo di questa lista è Gennaro Gattuso, il cuore del Milan nei giorni complicati e nelle notte da ricordare. Escluso col Real Madrid, masticò amaro: provò a sfogare la sua rabbia con una serie di allunghi, finito l’allenamento d’ordinanza, e finì col ferirsi a un polpaccio. Adesso è lì a Milanello che si cura e si allena, senza perdere tempo: vuol farsi trovare pronto per il Marsiglia, se è possibile, bivio fondamentale del girone di Champions. L’esclusione col Real non è un episodio isolato: altre sostituzioni, ripetute durante le partite di campionato, hanno amareggiato Rino senza lasciare traccia. Nessuna parola né con Leonardo né con Galliani, neanche un sospiro con i cronisti: non si addice a un vice-capitano del Milan, rimasto un paio di anni prima, nonostante l’offerta ricca del Bayern, per l’intervento di papà Franco e il pressing asfissiante di Galliani. A gennaio 2010 è fissato il primo bilancio dell’era Leonardo per Gattuso. Il centrocampista azzurro non è l’unico a risentire del nuovo modulo che limita a due i centrocampisti effettivi, Ambrosini-Pirlo la coppia preferita: c’è anche Flamini a lamentare nell’ultima striscia di stagione lo scarso utilizzo ma ha avuto molte opportunità da fine agosto in avanti.
Con Gattuso, l’altro cavallo di razza che scalpita dietro le quinte è Pippo Inzaghi. E qui non c’è bisogno neanche di un giro tra i suoi amici fidati per capire cosa bolle nel suo pentolone. I suoi pensieri si leggono sul viso a ogni vigilia, appena lo si incrocia nei corridoi di Milanello. Col Real entrò negli ultimi minuti, pochi per esprimere le sue note qualità: eppure sfiorò il gol del possibile 2 a 1 su cross di Pato. Idem con la Lazio a Roma. Ma in questo caso, forse, l’inquietudine è ingigantita da un altro aspetto: a giugno prossimo Inzaghi si ritrova a scadenza di contratto. A 37 anni, e con la nuova politica adottata dal club berlusconiano, rinfrescare i ranghi, non può certo immaginare che ci sia un altro rinnovo. Non ha ricevuto alcun invito in via Turati e questo è un segnale chiaro. Ambrosini e Storari, appena passati attraverso il rinnovo, sono un altro esempio didascalico: un solo anno in più e a cifre ridotte rispetto alla belle epoque. Alle viste la scelta del club di riportare a casa Alberto Paloschi, lasciato maturare a Parma, per non discutere dello spazio da garantire a Huntelaar, l’olandesino rimasto fuori dai giochi dopo la guarigione di Borriello e una serie di occasioni sprecate nel frattempo. Capitolo a parte per i portieri dove è avvenuto un ribaltone clamoroso. È partito titolare Storari, il terzo nella graduatoria dei giornali, a causa dell’operazione al ginocchio subita da Abbiati e dell’infortunio patito da Dida durante la preparazione. Storari ha fatto bene, anzi ha stupito per rendimento, ha raccolto lodi e si è guadagnato il rinnovo del contratto prima di fermarsi per un insulto muscolare. Dida ha fatto dell’altro, molto altro. È tornato con la Roma provocando una sollevazione popolare. A seguito del «paperone» di Madrid, molti milanisti lo avrebbero volentieri rimpatriato. Lui, ecco il merito da riconoscergli subito, invece di fuggire di notte, ha sfidato le intemperie e l’impopolarità e si è rimesso a lavorare sodo negli allenamenti. «Lo vede anche un cieco che è il migliore portiere in dotazione» la battuta riferita a Galliani dagli addetti ai lavori in quei giorni. Al ritorno da Madrid ha infilato una serie di altre prove confortanti fino a far serpeggiare l’ipotesi, infondata, che possa aspirare, prima di giugno 2010, a un rinnovo contrattuale. Anche per lui vale il lodo Inzaghi: a 37 anni si lascia nel Milan di oggi. Piuttosto è aperto un altro quesito: col recupero di Abbiati, come si comporterà Leonardo?

Franco Ordine - Il Giornale